Teresa aveva il cognome de un libertador, di quelli che in Sudamerica si sono fatti sentire e che bastava il loro nome per sentire aprirsi la selva e venir fuori una cascata d'acqua fresca. Teresa era libera come l'aria, e viveva en la calle, perché la strada è il luogo in cui spesso finiscono le persone che non si conformano e si ribellano. Teresa non aveva più una casa, era una transeunte, una sin techo, eppure aveva un garbo che avrei definito urbano e un tono mite ma deciso, da principessa. I suoi capelli grigi erano lunghi, e si ripiegavano sul collo con un boccolo dolce.
La conobbi in una città spagnola, in un taller artistico di una casa di carità che malgrado il nome antico accoglieva senza fissa dimora in modo moderno. E mi coinvolsi in un seminario di teatro e tecniche di espressione che per chi vive in strada erano una vera sfida, specie per la diffidenza al contatto, perché se qualcuno ti sfiora e vivi per strada la paura è che ti rubino tutto.
Mi spiegarono che Teresa non voleva mangiare e allora le facevo compagnia per pranzo. E dinanzi al pollo della mensa, servito così come si può servire un pollo in una mensa dove mangiano in tanti, lei mi diceva, indicandomi con le dita, come lo avrebbe cucinato lei, rebozado, se avesse avuto un tetto e un lavoro, perché sempre mi diceva che quel che conta nella vita sono due cose, un techo y un trabajo, quel che lei non aveva, eppure diceva che avrebbe potuto fare ancora qualcosa, e amava scrivere, raccontare, forse anche cucire, e anche cantare.
Teresa custodì in cuore la promessa che non le avevo fatto di portarla con me, forse in Italia, e questa immagine di io e lei da qualche parte nel mondo forse era balenata anche a me.
Ma un giorno tornai a trovare la mia amica alla casa di carità, dove lei poteva fermarsi solo per il giorno, o al massimo qualche notte. Teresa non c'era più. Qualcuno - non so se un giudice lo stato o cosa - aveva deciso che lei doveva andare in una residenza per anziani, insomma un ospizio. E vidi, anche se non lo vidi, questo trasporto forzato della mia povera amica libera come l'aria.
Con un amico caro e ribelle come lei riuscii a capire dov'era e andammo insieme in questo paesino, una urbanizzazione alquanto anonima, a un bel po' di chilometri da lì.
Teresa fu contenta di vedermi. Aveva le labbra secche, perché beveva poco. Le sue cose in delle borse di plastica, come chi non ha sciolto i suoi bagagli, perché non si sente ancora arrivato. E condivise con noi il suo desiderio di fuga.
Io non so dov'è Teresa, oggi, Teresa che aveva il cognome di un liberatore. So che abita con me un luogo del cuore, dove stanno tutti gli anziani e tutti coloro che senza una ragione vera e profonda sono costretti in luoghi anonimi, con qualcuno che decide per loro cosa è bene e cosa è male.
Ne ho conosciute tante persone così, e ho conosciuto anche persone che decidono per altri, e a volte anche a me è toccato questo peccato, ma come Teresa devo dire che amo, amo chi pecca di libertà.
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