Mi viene in mente, adesso, un gruppo di volti. Quello di quei compagni o compagne di viaggio che nella vita risultano decisivi quanto apparentemente effimeri. Persone che ti trovi accanto per caso in trasvolate transoceaniche o in tragitti più o meno lunghi di treno o di corriera.
Dai contadini che iniziarono a narrarci le cose che facevano in campagna in un viaggio Torino-Messina di tanti anni fa, fino a una dolce signora che lavora in missioni all'estero in Paesi lontani, conosciuta nell'ultimo viaggio, passando per la mamma di un uomo che mai capii se scomparso o meno nella tragedia delle Torri Gemelle, posto che lei, nel raccontarmelo, dimenticava a tratti che quella tragedia fosse realmente avvenuta.
Non c'è una parola per definire questa compagnia, quel dialogare che diventa una sorta di delicata intimità. Uno scambio angelico. Forse un tipo di rapporto profetico di modalità metastoriche o originarie, in cui la conoscenza non esaurisce l'altro, e non può farlo, per la brevità del cammino, ma procede in intensità come se ci si conoscesse da sempre, come se il mondo cominciasse con la partenza e terminasse... oltre l'arrivo.
E si sparisce.
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